Questa è una delle nostre paure maggiori: che nostro figlio, orrore degli orrori, cresca egoista e viziato! Sai che figura ci faccio poi io, come genitore, se mio figlio non cede il posto alle signore salendo sullo scivolo? E se addirittura prende un gioco appartenente ad altri e poi non lo vuole restituire? Ah, lì iniziano le scene più divertenti.
- Io genitore prego in silenzio che nessun bambino porti giocattoli al parco giochi.
- Poi maledico il giorno in cui ho pensato di andare al parco giochi, visto che QUEL BAMBINO ha portato le palette e i secchielli e li usa per giocare con i sassolini che sono per terra.
- A quel punto, inizio le manovre belliche diversive per evitare che mio figlio se ne accorga.
- Fallisco miseramente.
- Insieme ci fiondiamo su QUEL BAMBINO, Giorgino per sottrargli la paletta, io per impedirglielo. Già me lo vedo a scassinare banche a 14 anni.
- La MADRE SCIAGURATA di QUEL BAMBINO, che gli ha permesso di portare il pomo della discordia per antonomasia, sembra entusiasta quanto me del nostro arrivo.
- PERCHE’ PERCHE’ PERCHE’ ho pensato di venire al parco oggi???
- I bambini iniziano a giocare insieme senza troppi complimenti. Non si sono neanche presentati, questi monelli, non si sono neppure guardati negli occhi! Ah, non ci sono più i bambini di una volta.
- Io aspetto solo la deflagrazione. Sento che sta arrivando.
- Eccola. MADRE SCIAGURATA dice a suo figlio “Dai Tommy, dai il secchiello al bambino”. Eh, lo so, nessuna vuole essere la madre che ha cresciuto un figlio egoista.
- Tommy si irrigidisce sul secchiello. Giorgino vuole il secchiello che gli è stato promesso dall’autorità di MADRE SCIAGURATA. E lì inizia la lotta.
- Finisce tutto dopo poco. Risultato: Giorgino e Tommy in lacrime, noi ce ne andiamo.
- Mi appunto mentalmente di fare una ramanzina sull’importanza della condivisione a Giorgino non appena entrati in auto.
- Sto per andare via. Un ragazzo si avvicina e mi chiede se posso prestargli il mio cellulare per fare una chiamata. Io lo guardo stralunata: ovvio che NO! Ma che modi, le persone! Sicuro me lo voleva rubare. E me ne vado.
TEORIA DELLA CONDIVISIONE:
- La condivisione non si insegna con le parole, si impara in modo spontaneo.
- Si impara innanzitutto attraverso l’esempio che noi genitori diamo: se io non sono disposta a dare ciò che di più prezioso ho (cellulare? Borsa? Auto?) a qualcuno che non ho mai visto prima, non vedo perché debba farlo mio figlio; e debba pure farlo volentieri!
- Si impara quando il bambino sperimenta sulla sua pelle la gioia della condivisione: questo avviene se nella sua infanzia ha ricevuto regali in cui il donatore non pretendeva nulla in cambio del regalo (“dammi un bacino, se no me lo riprendo!”); se i suoi genitori sono pronti a togliersi il cibo dal piatto senza esitare, con vero amore, per fargliene dono; se ha modo di vederci all’opera mentre ci divertiamo a organizzare sorprese, feste, bigliettini, impacchettare regali per altri, solo per la pura gioia del donare o del prestare senza secondi fini.
- Inoltre, si impara lentamente, negli anni, dopo che per molto tempo noi abbiamo fatto in modo di garantirgli il suo sacrosanto diritto di proprietà sui suoi beni, dopo tempo passato a rassicurarlo sul fatto che quei giochi sono suoi e solo suoi e sul fatto che noi siamo pronti a difenderlo da attacchi nemici.
- La condivisione non è un atto meccanico di facciata, imposto dai doveri sociali, ma è un moto spontaneo del cuore che valorizza l’esperienza rispetto all’oggetto. Se noi per primi rimaniamo legati a ciò che è materiale, come possiamo pretendere che il bambino sia entusiasta di condividere ciò che gli appartiene solo per la gioia di godere della felicità altrui?
PRATICA DELLA CONDIVISIONE:
- Condividi con altri, figli, partner, amici, sconosciuti, ciò che è tuo, oggetti, cibo, ma anche tempo, e fallo in modo gioioso, abbondante e spontaneo. Se il gelato è finito e l’ultimo cucchiaino del tavolo è rimasto nel nostro piatto, offriamolo con gioia a Tommy: non sarà un cucchiaino in più che gli causerà mal di pancia, un cucchiaino in meno farà sentire noi adulti degli eroi della dieta, e il bambino si sentirà coccolato.
- Finché è piccolo, media il rapporto che tuo figlio ha con altri bambini in modo da assicurarti che possa sentirsi difeso da te.
- Se credi di non poterlo difendere perché ancora proprio non ce la fai, fa’ in modo che non porti i suoi giochi al parco o in altri luoghi dove vorresti che li condividesse.
- Se proprio non ce la fai, allenati. Non c’è nulla di male a difendere, con educazione, gentilezza, empatia verso gli altri bambini, il diritto di tuo figlio a non condividere. Es. “scusa Giorgino, Tommy è molto affezionato a questa paletta e ora non se la sente di dartela, però ecco, possiamo costruire una torre, facciamo finta che le mie mani siano la pala di una ruspa gigante, ok? vroooom, signore, dove posso lasciare questo carico?” (ovviamente l’ultima parte va pronunciata con la dovuta voce robotica, altrimenti il gioco potrebbe non funzionare 😉 ). Così diamo al bambino estraneo qualcosa dal valore ben maggiore di una paletta, ossia il nostro tempo e la nostra presenza; nel frattempo, insegniamo a Tommy quanto possa essere divertente condividere L’ESPERIENZA (e che il giocattolo è solo un mezzo per divertirsi, non il fine del divertimento), e, cosa ancora più importante, quali parole si possono dire e il modo in cui si possono dire (gentile fermezza) per far rispettare la propria volontà.
- Quando tuo figlio è più grande, puoi fargli scegliere di tenere a casa i giochi a cui tiene di più e di portare quelli che ha il desiderio di condividere. O, almeno, che sappia che, portandoli al parco, c’è la possibilità che altri bimbi abbiano desiderio di giocarci e dovrà parlarci per stabilire i limiti.
- Si possono proporre i TURNI. Questo è particolarmente importante quando siamo in situazioni in cui non si può proprio dire di no a tutto. Per esempio fra fratelli, o se ci sono cuginetti o amichetti che vengono a casa nostra. Es. “Ok, non riuscite ad accordarvi. Allora facciamo così, metto il timer fra 3 minuti, quando suona Giorgino prende la paletta e intanto Tommy tiene il secchiello; dopo altri 3 minuti, la paletta tocca a Tommy e il secchiello a Giorgino”.
E voi cosa ne pensate? Vi va di raccontarmi le vostre tecniche di condivisione?
Adesso, buon GIOCO (e non giocattolo!) a tutti!