I “capricci” non esistono

– I “capricci” non esistono.

Sì, puoi smettere di rotolare per le risate. Non sto scherzando. Lo giuro! I capricci non esistono!!

Quelli che di solito vengono chiamati capricci sono tutti gli atteggiamenti dei nostri figli che ai nostri occhi appaiono assolutamente insensati, incomprensibili e, ahinoi, perseguiti dal piccolo con ostinazione e cocciutaggine, arrivando a fare scenate degne di un Oscar.
Ma i nostri cuccioli, che a scuola di teatro non sono ancora andati e, ché ché ne dicano le prozie e le bisnonne, non sono furbi già da piccoli (ma ci diventano a furia di sentirselo dire), hanno solo dei BISOGNI. Quindi, la regola aurea, che dobbiamo ripeterci come un mantra, è che tutto quello che identifichiamo come capriccio, vizio, come qualcosa di insensato, come una lotta di potere, ha dietro sempre un’ottima motivazione. Dobbiamo solo capire quale.

Il punto è che questi bisogni devono essere espressi, e a volte la faccenda non è tanto banale per un bambino che a mala pena sa parlare, soprattutto quando consideriamo che anche noi adulti, a volte (…ehmmm…spesso), abbiamo serie difficoltà ad articolare una frase su questo stile (che sarebbe da manuale, secondo le leggi della Comunicazione Non Violenta) “Ho notato che sei rammaricato per il poco ordine in casa. Io provo molta rabbia quando dici che la casa è sporca poiché reputo non adeguatamente riconosciuti il lavoro che svolgo durante la giornata e il mio diritto a riposarmi. Pensi che potresti provare a mettere tu in ordine quello che vedi in disordine quando provi fastidio per lo stato della casa?”.
Di solito la risposta più probabile è “##### dici b!!@@@ perché io @@@!!#** mentre tu §§…..”.
Ecco, per un bambino più o meno i passaggi sono gli stessi. Ha difficoltà a esprimere adeguatamente quel che prova, per questo dobbiamo aiutarlo noi.

Non ci credi ancora? Non sei convinto? Non importa, facciamo che per qualche giorno fai un atto di fiducia e poi potrai tornare a reputare tuo figlio un bambino viziato e capriccioso e, sotto sotto, a disistimare te stesso perché lo stai crescendo così male e non riesci a rapportarti con lui. Proviamo? Solo per qualche giorno!

1 – Parti dal presupposto che tuo figlio non è furbo, non è viziato, non ha capito tutto della vita, non ha capito che sei un debole e non è vero che anche lui, come tutti gli altri, vuole fregarti; tuo figlio ha SEMPRE un motivo per fare quello che sta facendo, un motivo valido, che deve solo essere individuato.

2 – Mettiti alla sua altezza, guardalo negli occhi, magari abbraccialo se te lo lascia fare.

3 – Con un atteggiamento DOLCE, non incattivito, non giudicante, prova a dirgli “Amore, vedo che sei molto arrabbiato”. Prova a capire il motivo per cui fa così. E’ geloso del fratellino? E’ stanco? Voleva fare qualcosa che non è stato capito? Non importa quanto questo motivo ti sembri banale, anche qui prova a ricordare quanto, anche per noi adulti, le piccole cose possano essere importanti. Non giudicare i suoi motivi, limitati ad accogliere la sua reazione. Fai un atto di fiducia: qualunque sia la sua reazione, va bene. ACCOGLIENZA è la parola che deve restarti stampata in testa.
Di solito, già questo aiuta il bambino a moderare drasticamente la sua reazione. Vede che è capito, vede che è accolto, e spesso il bisogno primario che sta dietro la sua richiesta è già soddisfatto per il semplice fatto che la mamma o il papà gli sta dedicando la sua attenzione empatica.

Se vuoi anche fare lo step successivo e provare a risolvere il problema, andiamo avanti.

4 – “Mannaggia questa mamma che ti fa arrabbiare! Proprio questa maglietta ti vuole mettere! Aspetta, sento qualcuno che parla, ma è la maglietta?!? E cosa dice?” e via giù a far parlare e muovere la maglietta incriminata; oppure “ma hai proprio ragione tesoro, il forno è così interessante, con quel rumore che fa… la luce che si accende… è bellissimo. E tu lo vuoi toccare, è vero? Allora, ascolta. Adesso questo forno è anche moooolto caldo. Non ci credi? Vieni con me, ti faccio avvicinare la manina, ma non possiamo proprio toccare. Senti come è caldo già da qui? Se tocchi lì ti scotti!”.
Diciamo che, in generale, le regole sono 2: a) domandarsi davvero se un NO che diciamo è proprio necessario e b) se è necessario, cerchiamo di renderlo positivo, trasformandolo in “un’altra volta sì, ora purtroppo non è possibile” (e poi farlo veramente un’altra volta), e accogliendo sempre la naturale frustrazione del nostro piccolo esploratore, che di certo vuole conoscere tutto ciò che lo circonda!

Quello di cui ha bisogno è solo vivere un’esperienza, possibilmente divertente, con l’adulto di riferimento. Non sempre vuole acquistare un gioco che indica al supermercato, magari gli basta che tu parli con lui, che tu ti interessi al motivo per cui gli piace, che tu inizi a fantasticare assieme a lui sui modi in cui si potrebbe giocare.

Per favore, fammi questo favore personale  prova a fidarti di me, anche se mi conosci poco, anche se mi conosci ma quel che ti dico ti sembra assurdo. Limitati a zittire quella vocina nel cervello che ti dice che tuo figlio è un diavoletto e che ti fa ammattire. Vedrai, non te ne pentirai! Inizierai a divertirti davvero con lui o lei, e il tempo passato insieme sarà bellissimo. Fidati, un passetto alla volta ce la possiamo fare!

Oggi sono molti i libri sull’argomento. Uno dei miei preferiti è “Smettila di fare i capricci”, di Roberta Cavallo, il mio punto di riferimento in materia.

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