Elisa e Mattia giocano. Improvviso irrompe un urlo a squarciare il (relativo) silenzio nella stanza. Preoccupata, corri a controllare. Come previsto, qualcosa è andato storto. QUALCOSA è successo, non sai cosa di preciso, ma fatto sta che uno ha la faccia imbronciata e l’altro è in lacrime.
👉 Cosa ci dice l’istinto (e magari le esperienze pregresse): corri a consolare chi piange, sgrida l’altro perché con ogni probabilità ha fatto uso della violenza.
👉 Cosa fare invece: correre ad abbracciare entrambi.
Perché?
Perché, indipendentemente da ciò che è accaduto, hanno ENTRAMBI bisogno del nostro aiuto, della nostra fiducia, del conforto che solo noi possiamo dar loro.
- Il bimbo picchiato (o a cui è stato sottratto un gioco contro la sua volontà), sta manifestando la sua TRISTEZZA o la sua RABBIA, e lo fa con le lacrime o con un urlo di frustrazione (es. “bastaaaaaaa”). Ha bisogno di qualcosa che già ci verrebbe naturale offrirgli: un abbraccio, un supporto, qualcuno che gli dica che ha ragione, che sicuramente non meritava di essere trattato così.
- MA, attenzione gente, l’altra parte in causa ha un identico diritto a essere confortata. Qualcosa, e non sapremo probabilmente mai, di preciso, cosa fosse, ha scatenato la sua RABBIA, e questa – molti adulti, se ci pensano e si concedono una risposta sincera, lo sapranno bene – è un’emozione particolarmente vivace 🔥che prende il sopravvento all’improvviso e non dà molte occasioni di gestione oculata, se non a seguito di un arduo allenamento.
La rabbia è un fuoco che divampa su una scia di benzina 💥 E un bambino, nella stragrande maggioranza dei casi, ha grosse difficoltà a “gestirla”.
Attenzione, perché gestire la rabbia non vuol dire ignorarla, né sopprimerla sotto strati di senso di colpa o senso del dovere.
Gestire la rabbia vuol dire riuscire a riconoscere questa emozione dirompente, fare 5 respiri per “prendere tempo” e trovare il modo migliore – e non violento – per esprimerla. L’importante è che questa rabbia VENGA ESPRESSA.
La rabbia è un’emozione fondamentale, è quella che ci aiuta a conoscere noi stessi, quella che indica quali sono i nostri limiti, il confine fra ciò che possiamo e ciò che non possiamo accettare da parte degli altri. Bisogna SOLO trovare un modo sano per farla emergere, senza asfaltare chi ha, magari involontariamente, toccato un tasto per noi dolente.
☑ Quindi, dobbiamo andare lì, inginocchiarci e abbracciare anche l’apparente malfattore (apparente, sì, perché non sappiamo di preciso cosa sia accaduto poco prima, o addirittura ore prima, con una frustrazione che si è accumulata nel suo cuoricino). Dobbiamo dirgli “caspita, tesoro, chissà come sei arrabbiato”.
Poi, magari, possiamo anche farci spiegare cosa è accaduto e offrire un consiglio di soluzione per la prossima volta, ricordandoci di coinvolgere entrambi i bambini, in modo che nessuno dei due si senta l’unico destinatario della “ramanzina”, che ramanzina proprio non deve essere, ma un amorevole abbraccio e un aiuto per far funzionare le cose.
Esempio. Abbiamo scoperto che Mattia aveva un gioco; Elisa, non senza una certa arguzia, ha fatto uno scambio per lei più vantaggioso; Mattia inizialmente ha accettato ma poi si è sentito preso in giro, o ha cambiato idea, ed è arrabbiato con se stesso per essersi fatto raggirare. Quindi ha ripreso il pomo della discordia con una certa veemenza, causando dolore alla mano di Elisa, che è scoppiata a piangere. Il nostro consiglio potrebbe essere: “Per favore, la prossima volta, quando entrambi desiderate lo stesso gioco, cercate una soluzione che funzioni bene per tutti e due. Potreste trovare un modo di usarlo insieme, ma se ciò non è possibile organizzate dei turni. Se anche su questo non riuscite a trovare un accordo, potete sempre venire a chiamare me e vediamo insieme come trovare una soluzione con cui siate tutti e due contenti”.
In generale, si può fare con loro un lavoro di esplorazione delle proprie emozioni, dar loro un nome, insegnar loro a riconoscerle e gestirle.
*Per quanto riguarda la rabbia, consiglio un bellissimo libro, che fa parte della collana “I quaderni Filliozat”: “Rabbia e ritorno alla calma”. Contiene, alla fine, una parte rivolta ai genitori, ma il resto del libro è adatto ai bambini e insegna loro, con disegni da ritagliare, giochini e adesivi, varie modalità per riconoscere questa forte emozione, per gestirla, per fermare la violenza – fisica o verbale – che potrebbe essere la sua immediata conseguenza, ed esprimerla.
Come sempre, però, più che un libro valgono l’esempio (nostro) e l’allenamento (di tutti).
Infatti 👉👉 è la nostra rabbia che ci fa sgridare con violenza la manifestazione violenta della rabbia di nostro figlio. Si capisce quello che ho scritto?!? 😅
Ricordiamoci sempre, noi adulti per primi, di riconoscere la nostra rabbia, che è importante tanto quella dei bambini ma decisamente più impattante, ricordiamoci di respirare prima che prenda fuoco tutto, e di esprimerla a parole. Parole sincere, ferme e chiare: “Provo rabbia perché non mi piace… non voglio che… ”.
Esempio e allenamento. Anche i bimbi devono allenarsi, tante e tante volte, per riuscire a gestire adeguatamente questa emozione. Accompagniamoli e diamo loro esempio e supporto in questo processo tutt’altro che semplice. Serve a tutti tempo, per imparare questa arte e, mentre ci prendiamo questo tempo, abbracciamoci!
Proviamo a essere coerenti, facciamo quello che chiediamo a nostro figlio: anche noi siamo arrabbiati, perché, ad esempio, l’altro bambino non meritava di essere malmenato; insegniamo loro che un’alternativa alla violenza c’è. Ed è il gioco del respiro, accompagnato da un abbraccio. Un abbraccio è sempre una buona soluzione, quando non sappiamo che altro fare!