C’è qualcuno che li chiama capricci. Che si metta agli atti: i capricci non esistono. Ma non è di questo che parleremo oggi.
Sì, io preferirei parlare di onestà, dell’onestà che dobbiamo sempre usare nei confronti (di chiunque e) dei nostri figli (in particolare).
Quando il piccolo Luigino di 20 mesi desidera con tutta la sua straordinaria forza di volontà fare una certa cosa, toccare un certo oggetto, noi genitori, che siamo delle GUIDE – sagge e autorevoli –, e non dei generali – autoritari e inflessibili – ma neppure suoi amici, dobbiamo sempre domandarci se, in tutta onestà, possiamo consentirgli di fare ciò che chiede.
Non c’è una risposta sempre giusta. Se Luigino vuole salire con una learning tower vicino al lavandino della cucina e giocare con l’acqua, potremmo tranquillamente dirgli di sì, perché abbiamo tempo e modo di seguirlo e di rimediare agli inevitabili laghi che causerà, come potremmo dirgli di no, perché proprio in quel momento dobbiamo uscire e non può bagnare i suoi abiti.
Qualunque sia la domanda di Luigino, la nostra risposta deve essere sincera. Dire sempre “Sì” per partito preso (“perché qualunque cosa chieda dobbiamo assecondarlo e sacrificarci, tanto non ci costa troppa fatica, perché solo così potremo garantirgli una crescita sana”) o dire sempre “no” non per partito preso (“perché altrimenti si vizia e crede di poter fare sempre ciò che vuole”) sono risposte che nulla hanno a che fare con l’onestà e tutto a che fare con automatismi e preconcetti su cui non abbiamo affatto ragionato.
Prima di rispondere, quindi, ragioniamo davvero, respiriamo, valutiamo, possiamo anche dire “un attimo, ci devo pensare”, e poi parliamo sinceramente.
Può essere, a questo punto, che la risposta non piaccia a Luigino. E qui, lo capiremo dal suo linguaggio non verbale, dovremo prepararci alla guerra.
Qui scoppierà quello che potremmo chiamare capriccio, ma che in realtà altro non è che una legittima manifestazione di dissenso, una meravigliosa espressione del suo carattere determinato e tenace! La nostra risposta lo ha fatto arrabbiare e la rabbia, ormai lo sappiamo, è davvero difficile da gestire ed esprimere correttamente quando si hanno solo 20 mesi (spesso anche a 20 anni e più)!
Come comportarsi quando il succitato carattere determinato e tenace dovesse causare crisi di pianto, di urla e, talvolta, gesti violenti?
La soluzione è tutta nel nostro stato mentale.
👉 Se noi ci sentiamo dei generali che in casa devono comandare e ricevere obbedienza, probabilmente ci sentiremo privati della nostra autorità, sfidati da un simile atto di insubordinazione. La nostra rabbia potrebbe diventare furia cieca, potremmo alzare la voce fino a urlare, potremmo usare parole molto forti e quasi cattive, potremmo pensare a punire quei gesti in modo da rendere chiaro che una cosa del genere non dovrà mai più ripetersi, che Luigino deve essere ubbidiente e, se non lo sarà, dovrà subirne le conseguenze.
👉 Se noi ci sentiamo dei “miciamici” dei nostri figli e, a dir la verità, temiamo un po’ le loro reazioni, e ogni nostro gesto è intriso del terrore di causare la sua ira (che pensiamo di non saper gestire), probabilmente proveremo a inventare qualche scusa, qualche giustificazione esterna alla nostra volontà e alla nostra decisione che proprio, purtroppo, non ci permette di accontentarli (mentre addentiamo un cono: “Non è gelato, questo che sto mangiando, è una medicina, e non è neanche buona”; “oh vorresti andare al parco giochi? Oh mannaggia, mi dispiace, vorrei portartici ma oggi è chiuso” (?!?!)). In questo caso, forse, sederemo il pianto, ma l’autorità l’avremo delegata a un soggetto terzo, a qualcuno o qualcosa più grande e forte di noi. E comunque, le bugie hanno le gambe corte, mentre i bambini hanno occhi acuti e orecchie sempre in ascolto. In questo modo, è vero che abbiamo evitato lo scoppio della terza guerra mondiale, ma lo abbiamo fatto attraverso sotterfugi e non assumendoci la responsabilità della nostra decisione, e questo comporterà una perdita di fiducia da parte del bambino nelle nostre capacità e una sua decisione di assumersi il compito di valutare ciò che vuole, scegliere cosa è meglio e portare a termine l’obiettivo: “caspita” – pensa Luigino – “Ma com’è possibile che mamma voglia accontentarmi sempre ma non possa farlo molto spesso per colpa di altri o di avvenimenti esterni? Sarà che mamma è un po’ incapace e toccherà a me prendere il comando della situazione?”.
👉 Se, invece, noi ci sentiamo delle guide autorevoli e sagge, sappiamo che un bambino che urla sta solo manifestando una frustrazione. Sappiamo che non è una lotta di potere fra chi sta in alto nella scala gerarchica e chi sta in basso, ma siamo una famiglia, composta da X membri, e il nostro scopo è quello di avere una situazione di benessere e armonia per tutta la comunità e per ognuno dei suoi membri. Un bambino che piange e urla è solo questo, nessuna autorità viene contestata, non c’è proprio nulla da contestare.
⭐Allora, come sarà opportuno ☑ agire? 👇
❝ Ci accovacciamo vicino al piccoletto, lo abbracciamo se ce lo lascia fare, rimaniamo a distanza se invece preferisce così. E gli diciamo: “amore, mi dispiace, vedo che questa cosa ti rende davvero molto arrabbiato. Piangi pure finché ne hai bisogno, io sono qui, quando ne hai voglia ti posso abbracciare”. Voce calma e pacata, occhi pieni di comprensione, braccia aperte pronte ad accoglierlo ❠
Attenzione, una guida saggia ha già riflettuto prima sull’opportunità o meno di concedere a Luigino ciò che chiedeva, per cui, salvo errore clamoroso, la decisione non cambia. Ma restiamo lì, vicini al bambino, perché capiamo il suo stato d’animo, e ci dispiace davvero non poterlo accontentare in questa occasione. Glielo diciamo, gli siamo di supporto e conforto mentre vive questa frustrazione, mentre urla e piange, mentre scalcia, mentre… ci tira oggetti o pugni? No, quello no. In tal caso gli diciamo con fermezza, calma e sincerità che proprio non vogliamo essere picchiati, non vogliamo che usi la violenza. Se è arrabbiato va bene, può prendere un cuscino e dare i pugni al cuscino.
Noi resteremo lì con lui perché è così che funziona, siamo una famiglia, siamo una squadra, e tutti, dal più grande al più piccino, sono ugualmente importanti. Solo che in determinate situazioni i più grandi sanno cosa si può fare e cosa no perché conoscono il contesto, i tempi e i pericoli. E i più piccoli dovranno accettare certe decisioni. Ma questo non autorizza i grandi a umiliare i bambini, a trattarli peggio di cani da addestrare.
Quindi, cari genitori, riappropriamoci con tranquillità del ruolo che ci compete. Non abbiate paura. Siamo i genitori migliori per i nostri figli, sappiamo ciò che può essere fatto e ciò che non può essere fatto, li amiamo con tutto il nostro cuore. Dobbiamo solo credere nelle nostre capacità e nella potenza della sincerità. Non siamo né il capo né gli amici, siamo i genitori, siamo delle guide insostituibili, con il compito fondamentale di accompagnare i nostri cuccioli a scoprire il mondo. E lo faremo insieme, crescendo e imparando, anche noi insieme a loro, qualcosa di più ogni giorno.